Studio Paroliamo a Monselice | Logopedia - Psicologia - TNPEE - Osteopatia - Nutrizione
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Cos'è il W-sitting e perché evitarlo

26/5/2025

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Vi è mai capitato di osservare i bambini piccoli mentre giocano seduti sul pavimento? Se provate ad osservare bene la maggior parte di loro utilizza una seduta caratteristica: quella a W, meglio definita come W-sitting.

Cos'è il W-sitting?

Il W-sitting è la posizione in cui il bambino si siede con il bacino a terra con i glutei a contatto con il suolo, le ginocchia piegate e con le gambe e i piedi spostati lateralmente ai lati delle anche con una posizione che se guardata dall’alto ricorda appunto la W.
È una posizione molto adottata dai bambini tra i 2 e i 5 anni in quando essendo una postura in cui il contatto con il suolo ha una base ampia, viene notevolmente ridotto lo sforzo del bambino necessario per mantenere l’equilibrio del tronco e riesce a giocare con una maggiore stabilità. È inoltre maggiormente osservabile nei bambini con lassità legamentosa ed ipotonia (scarso tono muscolare).
Se da una parte è una posizione che può essere considerata fisiologica, dall’altra è comunque bene limitarla suggerendo delle alternative. In particolare, se il bambino la utilizza costantemente non riuscendo ad utilizzare altre posture o permane oltre i 5 anni è bene consultare un professionista per valutare la stabilità posturale del bambino e per avere dei consigli su come favorire l’utilizzo di altre modalità per sedersi, definendo insieme se può essere necessario fare un percorso per potenziare la muscolatura e l’equilibrio, tutto ovviamente attraverso il gioco.

Perché il W-sitting è dannoso se protratto a lungo?

Innanzitutto in questa postura di W-sitting la mobilità del tronco è molto limitata e quini di bambino si troverà a giocare solo con oggetti posti di fronte a lui e farà fatica a raggiungere quelli posti di lato o dietro. Di conseguenza la coordinazione bilaterale che coinvolge l’integrazione della parte destra e quella sinistra del corpo viene poco stimolata con ricadute e ritardi nello sviluppo della motricità fine e della lateralità.
Ne risente inoltre lo sviluppo delle articolazioni con rischio di un allineamento non fisiologico di anche, ginocchia e piedi che vanno ad influire nella camminata che potrebbe risultare con i piedi intraruotati (punte verso l’interno) con conseguente difficoltà nell’equilibrio ed impaccio motorio.
È bene quindi fin da piccoli cercare di correggere questa posizione offrendo ai bambini delle posture diverse durante il gioco sul pavimento, quali:
  • Sedersi con le gambe incrociate (come gli indiani);
  • Sedersi con le gambe distese (posizione long-sitting);
  • Mettersi in ginocchio con i glutei appoggiati ai talloni;
  • Distendersi a pancia in giù;
  • Sedersi lateralmente con le gambe da un lato.
Se vuoi dei consigli su giochi da proporre per rafforzare i muscoli addominali e dorsali in modo da sostenere l’adozione di altre posture, non esitare a contattarci!
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Tre consigli per sviluppare efficacemente il linguaggio verbale

22/4/2025

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Lo screening comunicativo-psicomotorio, che ha coinvolto le figure della logopedista e della neuropsicomotricista dello studio, ha raccolto buoni frutti!
A seguito dello scoring del questionario posto ai genitori, riguardo i loro figli dell’età che variava dai 2 ai 3 anni, molti di questi hanno richiesto una consulenza per ricevere informazioni e consigli riguardo la buona evoluzione del proprio figlio. 
Durante la correzione sono state individuate 5 aree indice di sviluppo neuropsicomotorio e comunicativo-linguistico: motoria, delle autonomie, delle funzioni orali (respirazione, masticazione, deglutizione), del comportamento e del linguaggio.

Come stimolare il linguaggio? 3 consigli pratici

Da logopedista, la domanda più frequente che mi viene posta è: “ma come faccio a stimolare il suo linguaggio?”. Ecco quindi di seguito alcuni consigli utili e pratici.
1. Ripetizione
Si dice “repetita iuvant” ed è un metodo efficace anche in questo caso. Quando vostro figlio dice per la prima volta una parola ripetetela, enfatizzatela, almeno 3 volte. Così il bambino potrà ricordare la sequenza fonologica dei suoni per poter produrre proprio questa nuova parola. Il concetto vale anche per una parola detta “non molto bene”, con delle lettere sostituite o mancanti, voi genitori provate a ripeterla corretta sempre per 3 volte.
“Geato” → “Vuoi GELATO? Eh sì si chiama GELATO, GELATO proprio così!”​
2. Riformulazione​
Spesso i genitori riportano la difficoltà di produzione di frasi corrette: il bambino omette parti frasali importanti come articoli, preposizioni che da soli infatti non avrebbero senso di esistere per cui sono più difficili da apprendere e consolidare. Ecco che allora se vostro figlio produce una frase scorretta grammaticalmente, il genitore può riprenderla in mano e riformularla corretta di modo che il bambino possa ascoltarla e comprendere quale sia la forma giusta.
“Papà rupe!” → “Hai visto che ci sono le ruspe?”
3. Espansione
​
Si tratta semplicemente di espandere la produzione linguistica del proprio figlio in modo da arricchire con più dettagli il messaggio verbale. Il bambino intanto si limiterà ad ascoltare tale produzione linguistica e non appena ne avrà gli strumenti adatti potrà anche provarci in prima persona.
Con questi semplici consigli si può aiutare il bambino nell’evoluzione linguistica in modo efficace e gentile, senza frustrarlo o farlo sentire meno capace. 
“Mamma scivolo!” → “C’è lo scivolo qua al parco, è divertente lo scivolo, si va giù veloci!”​
​Con questi semplici consigli si può aiutare il bambino nell’evoluzione linguistica in modo efficace e gentile, senza frustrarlo o farlo sentire meno capace. 

I bambini sono furbi... non pigri!

​I bambini non sono pigri, come spesso gli adulti possono pensare, sono semplicemente molto furbi perché lavorano in economia: se una cosa è difficile cercano di renderla più semplice e adatta alle loro capacità, anche se la forma semplice non è sempre corretta.
​
Se hai bisogno di una consulenza logopedica, in studio potrai trovare ciò di cui necessiti.
Contatta la nostra logopedista per una consulenza
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Un viaggio nel mondo della psicomotricità al nido

19/3/2025

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Nei primi anni di vita, il bambino scopre il mondo attraverso il movimento e il gioco. Ogni esperienza corporea è un’opportunità di crescita, di apprendimento e di relazione con gli altri. La psicomotricità, attraverso un approccio ludico e coinvolgente, diventa uno strumento prezioso per accompagnare i più piccoli in questa fase fondamentale dello sviluppo. Con questo progetto, vogliamo offrire ai bambini un ambiente sicuro e stimolante, dove possano esplorare le proprie capacità motorie, comunicative ed emozionali, crescendo in modo armonico e sereno.

​Cos'è la psicomotricità e perché è importante?

La psicomotricità è una disciplina che favorisce uno sviluppo armonico del bambino attraverso il gioco e il movimento. Nei primi tre anni di vita, il bambino costruisce le basi della propria personalità e sviluppa le principali caratteristiche della comunicazione e della relazione con gli altri. In questa fase, il gioco è la sua principale forma di espressione e apprendimento.
Mediante la psicomotricità educativa, si promuove uno sviluppo globale del bambino, prestando particolare attenzione agli aspetti psico-affettivi e sociali. Il gioco psicomotorio, unito alla relazione corporea, favorisce la crescita non solo sul piano motorio, ma anche su quello emotivo, relazionale e cognitivo.

Gli obiettivi del progetto di psicomotricità al nido

Obiettivi generali
  • Creare un ambiente sicuro e accogliente per il bambino.
  • Promuovere un'immagine positiva di sé e dell’ambiente.
  • Favorire l'autonomia e il processo di separazione-individuazione.
  • Sostenere l'inserimento nella scuola.
  • Osservare e rispondere ai bisogni individuali.
  • Stimolare la comunicazione e lo sviluppo di modelli comportamentali adeguati.
  • Fornire strumenti di lettura e gestione del gruppo classe agli insegnanti.
Obiettivi specifici
  • Sviluppare competenze motorie adeguate all'età.
  • Promuovere la conoscenza del corpo e dello spazio.
  • Stimolare la manualità fine e la manipolazione di oggetti.
  • Migliorare le capacità comunicative, verbali e non verbali.
  • Rafforzare le capacità sensoriali (vista, tatto, udito).
  • Favorire la gestione delle emozioni.
  • Sviluppare la creatività e il rispetto delle regole.

Struttura del programma di psicomotricità

Le attività proposte si sviluppano attraverso tre principali tipologie di gioco: il gioco sensomotorio, il gioco simbolico e il gioco di socializzazione.
Nel gioco sensomotorio, il bambino sperimenta diverse modalità di movimento come strisciare, rotolare, camminare, correre e saltare, sviluppando il piacere dell’azione e un’immagine positiva di sé.
Il gioco simbolico, invece, permette al bambino di esplorare la fantasia e la creatività utilizzando oggetti semplici come palle, stoffe e bambole, favorendo le sue capacità relazionali e comunicative attraverso il gioco del “facciamo finta che”.
Infine, nel gioco di socializzazione, vengono proposti giochi di gruppo come trenini e girotondi, che aiutano il bambino a interagire con i coetanei e a rispettare semplici regole sociali.

Il ruolo della neuropsicomotricista

La neuropsicomotricista guida il bambino nel gioco senza imporre attività, ma lasciandolo libero di esplorare. Attraverso un atteggiamento empatico, accompagna il bambino nel suo percorso di crescita, intervenendo solo per ampliare e arricchire le esperienze di gioco.
Vederla all'opera ci evidenzia ancora una volta le differenze tra psicomotricista e neuropsicomoptricista.
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 Modalità di realizzazione del progetto psicomotricità al nido

  • Suddivisione in gruppi: massimo 12 bambini, suddivisi per età.
  • Durata delle lezioni: 45 minuti (30 per i più piccoli).
  • Fasi della lezione:
  1. Rituale di entrata (5 min) - Introduzione e ripetizione delle regole.
  2. Fase centrale (25-30 min) - Attività ludiche e tematiche.
  3. Fase di decentramento (5 min) - Ritorno alla calma con storie o attività manipolative.
  4. Rituale di uscita (5 min) - Chiusura della lezione.
Le attività si svolgono in una stanza ampia e sicura, con materiali adeguati e normativamente conformi.

Quali materiali sono stati utilizzati?

Durante le attività vengono utilizzati diversi materiali che stimolano il gioco e la creatività del bambino. Tra questi troviamo materiali di recupero (scatoloni, fogli di giornale, bottiglie di plastica), materassi e cuscini di gommapiuma per l’attività motoria, palloni e cerchi per il gioco sensomotorio e di socializzazione. Inoltre, si utilizzano tessuti colorati per giochi di drammatizzazione, corde per esplorazioni spaziali, costruzioni e contenitori per sviluppare la manualità, strumenti musicali per stimolare la percezione sonora e bambolotti per il gioco simbolico.
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​Collaborazione con le educatrici del Nido

Le educatrici sono coinvolte nel progetto per favorire l’inserimento dei bambini e osservare l’evoluzione del gruppo. Il confronto costante con la neuropsicomotricista permette di individuare eventuali situazioni di disagio e di intervenire in modo mirato.

La fase di valutazione e verifica: quali competenze vengono monitorate?

Durante il percorso, si monitorano diverse competenze:​
  • Relazione con lo spazio: sicurezza nei movimenti, equilibrio, gestione della distanza.
  • Relazione con gli altri: modalità di interazione e comunicazione.
  • Relazione con gli oggetti: utilizzo e manipolazione dei materiali.
  • Relazione con sé stesso: riconoscimento del corpo, gestione delle emozioni.
Se necessario, si possono compilare schede di valutazione individuali e organizzare colloqui con i genitori.

Psicomotricità al nido, un'opportunità unica!

Il progetto di psicomotricità al nido rappresenta un'opportunità unica per accompagnare i bambini in un percorso di crescita armonioso e divertente. Grazie al gioco e al movimento, ogni bambino può esprimere il proprio mondo interiore, sviluppare competenze fondamentali e affrontare con maggiore sicurezza le tappe della sua evoluzione.

Il risultato della psicomotricità educativa? Dei bellissimi disegni!

Durante gli incontri di psicomotricità educativa i bambini hanno avuto la possibilità di sperimentare liberamente con il proprio corpo e di esprimere sé stessi, senza vincoli e senza imposizioni; di capire le proprie capacità, di svilupparne di nuove e di conoscere i propri limiti.
Il tutto scandito da momenti ben precisi:​
  • Rituale iniziale: seduti insieme ognuno viene toccato sulla testa e lui/lei, oppure i compagni o l’educatrice se non vuole o non è ancora in grado, dice il suo nome, si ripetono le regole (non farsi male, non uscire dalla stanza e fermarsi allo stop) e si conta fino a 5 prima di partire
  • Momento del gioco: gioco sensomotorio e primi approcci al gioco simbolico, individuale o di gruppo, guidati dalla neuropsicomotricista che coglie ciò che ogni bambino propone liberamente, con il materiale via via proposto
  • Momento del rilassamento: per ritornare alla calma dopo tanto movimento, gioco delle statue e controllo della respirazione con il gioco del palloncino
  • Momento della sperimentazione grafica: ad ogni incontro è stato dato uno strumento grafico diverso con cui il bambino poteva disegnare; si è provato a chiedere ad ogni bambino cosa avesse disegnato per favorire la mentalizzazione, ma se non rispondeva non era un problema.
  • Rituale finale: saluto tutti insieme
Di seguito tutti i disegni fatti dal bambino/a: a questa età il disegno viene utilizzato come scarica sensomotoria sul foglio (lo scarabocchio) ma già c’è chi inizia a dare comunque un significato a ciò che ha disegnato, indice che c’è un pensiero dietro.
​Nell’ordine sono stati proposti: pennarelli, matite colorate, penne, cerette, gessi e acquarelli utilizzati con le dita.
"Si può scoprire di più su una persona in un'ora di gioco, che in un anno di conversazione" - Platone
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Accettare l'inaccettabile: traumi, resilienza e la differenza tra accettazione e rassegnazione

27/2/2025

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La vita, a volte, ci mette di fronte a eventi difficili, inaspettati e dolorosi: lutti, malattie, perdite, fallimenti, traumi. Quando ciò accade, la nostra mente attiva una serie di meccanismi di difesa per proteggerci dal dolore, ma nel lungo termine la vera sfida diventa un’altra.
Come accettare ciò che non possiamo cambiare senza sentirci sconfitti?
Esiste una grande differenza tra accettare una realtà difficile e rassegnarsi ad essa. L’accettazione è un atto di consapevolezza e forza interiore, mentre l’arrendevolezza è un ritiro passivo dalla vita. In questo articolo esploreremo cosa significa realmente accettare, quali meccanismi di difesa entrano in gioco di fronte alle avversità e come possiamo trasformare il dolore in crescita.

Come la mente cerca di proteggerci? I meccanismi di difesa

Quando affrontiamo situazioni dolorose, il nostro cervello mette in atto strategie automatiche per cercare di attutire l’impatto emotivo. Alcuni dei meccanismi di difesa più comuni sono: 
  • Negazione: rifiutare la realtà, come se ciò che è accaduto non fosse vero. È un meccanismo che aiuta inizialmente a sopportare il trauma, ma a lungo termine impedisce l’elaborazione del dolore. 
  • Rimozione: spingere inconsciamente un evento traumatico fuori dalla coscienza, evitando di pensarci. 
  • Razionalizzazione: cercare spiegazioni logiche per eventi dolorosi, evitando di affrontare l’emozione sottostante. 
  • Proiezione: attribuire ad altri le proprie emozioni dolorose per non sentirle dentro di sé. 
  • Evitamento: evitare persone, luoghi o situazioni che potrebbero far riemergere il dolore. 
  • Senso di onnipotenza o ipercontrollo: cercare di controllare tutto per non sentirsi vulnerabili. 
Questi meccanismi possono essere utili nel breve termine, ma se diventano permanenti bloccano il processo di elaborazione e quindi di accettazione.  

L'accettazione è una scelta consapevole, non una resa

Molte persone temono che accettare una situazione difficile significhi rassegnarsi, come se smettessero di combattere o di sperare. In realtà, accettare significa prendere atto della realtà senza negarla, giudicarla o combatterla inutilmente.
Ma cosa significa quindi "accettazione"?
Accettare non vuol dire approvare ciò che è successo o essere d’accordo con esso. Accettare significa riconoscere che ciò che è avvenuto fa parte della nostra storia e che, per quanto doloroso, esiste. È solo da questo punto di partenza che possiamo davvero trovare la strada per stare meglio.  
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Accettazione o rassegnazione? Due facce della stessa medaglia!

Accettare significa riconoscere che ciò che è accaduto è reale, che fa parte della nostra storia e che, volenti o nolenti, dobbiamo farci i conti.
"Non avrei mai voluto che andasse così, ma è successo. Ora cosa posso fare per me stesso?"
Arrendersi, invece, è il contrario: significa lasciarsi travolgere dalla sofferenza, smettere di cercare un senso o una via d’uscita. È quella sensazione di impotenza che ci fa credere che nulla potrà mai cambiare, che non ha senso provarci. È smettere di lottare, ma nel modo sbagliato: non perché abbiamo trovato la pace, ma perché ci sentiamo sconfitti.

Come coltivare l'accettazione nelle difficoltà?

Raggiungere una vera accettazione psicologica è un percorso che richiede tempo e impegno. Ecco alcuni passi che possono aiutare: 
  1. Dare spazio alle emozioni: non si può accettare qualcosa senza prima permettersi di sentire il dolore, la rabbia, la paura o la tristezza. Trovare un modo per esprimere queste emozioni (parlandone, scrivendo, facendo terapia) è fondamentale.
  2. Rinunciare alla lotta contro l'inevitabile: molte volte soffriamo non solo per l’evento in sé, ma per il nostro rifiuto di accettarlo. Imparare a distinguere ciò che possiamo cambiare da ciò che è fuori dal nostro controllo aiuta a focalizzare le energie in modo più costruttivo.
  3. Cambiare prospettiva: anche le esperienze più dolorose possono diventare occasioni di crescita. Chiedersi: Cosa posso imparare da questo? Come posso trasformare questa sofferenza? aiuta a dare un senso a ciò che accade.
  4. Accettare che il dolore fa parte della vita: nessuno può evitare completamente la sofferenza. Imparare ad accoglierla come parte della nostra esistenza riduce l’ansia e la resistenza al cambiamento. 
  5. Trovare nuove risorse e strategie: se una situazione è difficile, ma non possiamo cambiarla, possiamo comunque modificare il nostro modo di affrontarla. Cercare aiuto, cambiare abitudini, sviluppare nuove capacità può fare una grande differenza.
  6. Praticare la mindfulness: restare nel presente e concentrarsi su ciò che si ha, piuttosto che su ciò che si è perso, aiuta a trovare un equilibrio interiore.

L'accettazione è un atto di coraggio!

Accettare le difficoltà della vita non significa subirle, ma scegliere di affrontarle con consapevolezza e forza. È un processo che richiede tempo, ma che può portare a una nuova comprensione di sé e della propria esistenza. 
Se ti trovi in una situazione difficile, ricorda che accettare non significa arrendersi, ma liberarsi dalla lotta contro l’inevitabile per concentrarsi su ciò che può davvero fare la differenza. 

Ti serve aiuto per accettare un evento traumatico?

CONTATTA LA NOSTRA PSICOLOGA
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Il mio koala: 6 incontri su massaggio infantile, pappa e gioco nel primo anno di vita

6/2/2025

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Dopo il successo della seconda edizione dedicata a massaggio infantile e svezzamento, torna la terza edizione del percorso dedicato a genitori e bambini, organizzato dallo Studio Paroliamo in collaborazione con Elisa Callegaro, insegnante di Massaggio Infantile AIMI.
Il programma prevede sei incontri a Monselice, pensati per offrire momenti di riflessione, sostegno, condivisione e attenzione per mamme e papà insieme ai loro bambini.
I temi principali degli incontri saranno:
✅ Massaggio infantile
🍽️ Pappa e svezzamento
🚼 Sviluppo motorio nel primo anno di vita
​
Un'occasione speciale per accompagnare i primi mesi di crescita con consapevolezza e serenità!
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5 incontri sul massaggio infantile A.I.M.I.

Con Elisa Callegaro
​
Sabato 15,22 e 29 marzo 2025
Sabato 5, 12 aprile 2025


Dalle 10.00 alle 11.30
Il massaggio infantile è un’esperienza di contatto dolce e consapevole che rafforza il legame tra genitori e bambini. Attraverso il tocco, favorisce il rilassamento, migliora il benessere fisico ed emotivo e potenzia la comunicazione non verbale. È particolarmente utile per alleviare le coliche, favorire un sonno più sereno e accompagnare il bambino in un crescita armoniosa.
PRENOTA ORA

1 incontro sui temi svezzamento e sviluppo motorio

Sabato 19 aprile 2025
dalle 10.00 alle 11.30


Con Dott. Carolina Rossi
Logopedista

e Dott. Luisa Ferrato
Neuropsicomotricista

Con la partecipazione di
Dott. Caterina Scarparo
Odontoiatra Pediatrica
PRENOTA ORA

Info e contatti

Gli incontri si svolgeranno presso:
STUDIO PAROLIAMO
Via Fratelli Cervi, 25
Monselice (PD)

CONTATTI
Tel: 
340.2539556
Mail: [email protected]
FB: ec.ioeilmiokoala
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Lo screening logopedico-psicomotorio

31/1/2025

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Lo screening logopedico-psicomotorio è una procedura di valutazione primaria, significa letteralmente “passare al setaccio”. Può essere condotta a tappeto, su una vasta popolazione, proprio perché è una forma valutativa rapida sia da effettuare che da verificarne i risultati; qualora si osservassero dei campanelli d’allarme allora è bene fare una valutazione più approfondita.
Ecco perché noi professionisti dello Studio Paroliamo ci siamo messi a disposizione per offrire questo servizio di screening a diversi asili nido della nostra zona, ben felici che i servizi educativi abbiano accolto la nostra proposta.
Si tratta di uno screening comunicativo-psicomotorio, per cui le professioniste coinvolte sono la logopedista e la neuropsicomotricista.

A chi è rivolto lo screening comunicativo-psicomotorio?

Lo screening che abbiamo proposto, la progettualità è partita proprio a gennaio, è rivolto ai bambini nati nel 2022, che stanno terminando l’asilo nido (o sezione primavera) e che il prossimo settembre faranno ingresso alla scuola dell’infanzia. 

Qual è lo scopo dello screening logopedico-psicomotorio?

Lo screening ha lo scopo di individuare i punti di forza e le difficoltà del bambino rispetto all’età in vista dell’ingresso alla scuola dell’infanzia.
È importante individuare in epoca precoce eventuali difficoltà comunicativo-linguistiche e neuropsicomotorie, che potrebbero rallentare od ostacolare la crescita evolutiva del bambino.
In particolare, attraverso l’utilizzo del questionario rivolto ai genitori vengono raccolte alcune notizie essenziali sullo sviluppo del bambino (rispetto alle aree alimentare, motoria e linguistica) e le caratteristiche del comportamento.
Riteniamo che il questionario sia un valido strumento di screening sia per evidenziare eventuali difficoltà ma anche per poter offrire alle insegnanti indici di riferimento per una più attenta valutazione del bambino. 

Come si realizza lo screening logopedico-psicomotorio?

Si tratta di un questionario che le educatrici consegneranno direttamente ai genitori, i quali dovranno compilarlo e riconsegnarlo entro la data prevista. Nel questionario vengono raccolti dati della storia anamnestica del proprio figlio fino ad oggi e caratteristiche del comportamento riguardanti sia la sfera neuropsicomotoria che comunicativo-linguistica.
Il questionario è stato creato dalle professioniste dr.ssa Luisa Ferrato e dr.ssa Carolina Rossi basandosi sul test Preeschool Screening System (PSS) di P.K. Hainsworth e M.L. Hainsworth. La durata stimata per la compilazione è breve, circa di 10 minuti.

Quanto costa lo screening?

Lo screening è gratuito; nel caso in cui dalla revisione da parte delle professioniste del questionario compilato emergano difficoltà, la consulenza proposta avverrà in studio e sarà a carico dei genitori.
Riteniamo che il questionario sia un valido strumento di screening sia per evidenziare eventuali difficoltà, ma anche per poter offrire alle insegnanti indici di riferimento per una più attenta valutazione del bambino e a voi genitori e tutori un feedback sulla crescita di vostr* figli*. 
PRENOTA LO SCREENING GRATUITO PER TUO FIGLIO
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Psicomotricista e Neuropsicomotricista (TNPEE): professioni diverse, competenze complementari

16/11/2024

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Quando si tratta di supportare il corretto sviluppo dei bambini, è fondamentale avere ben chiara la distinzione tra le figure dello psicomotricista e del neuropsicomotricista (TNPEE). Sebbene entrambi i professionisti lavorino nel campo dello sviluppo infantile, le loro competenze, finalità e modalità di intervento presentano differenze significative. Comprendere queste differenze è essenziale per garantire che ogni bambino riceva l'intervento più adatto alle proprie necessità, favorendo uno sviluppo sereno e armonioso.

Il ruolo del psicomotricista

Lo psicomotricista opera prevalentemente in ambito educativo e preventivo, lavorando con bambini che hanno uno sviluppo tipico o che presentano lievi difficoltà. Le attività proposte mirano a stimolare la relazione tra il corpo, l'affettività e la dimensione cognitiva del bambino, attraverso il gioco e il movimento. Il Psicomotricista favorisce il potenziamento delle competenze motorie, relazionali ed emotive, creando un contesto di gioco strutturato in cui il bambino può esplorare e crescere.
Le sue attività si svolgono principalmente in contesti scolastici, gruppi di gioco o sessioni private, promuovendo il benessere e l'armonia dello sviluppo.
​La sua formazione è acquisita attraverso diplomi presso scuole private o master post-laurea, offrendo una preparazione mirata ma non abilitante a livello sanitario.

Il ruolo del neuropsicomotricista (TNPEE)

Il neuropsicomotricista, o Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva (TNPEE), è un professionista sanitario la cui competenza si estende dalla prevenzione alla valutazione, abilitazione e riabilitazione delle fragilità dell'età evolutiva.
Lavora con bambini che presentano difficoltà più complesse e strutturate, come:
  • disturbi del neurosviluppo
  • ritardi motori
  • disturbi del linguaggio
  • altre problematiche evolutive
Il TNPEE interviene in modo mirato con programmi terapeutici personalizzati, volti a migliorare le capacità motorie, cognitive, comportamentali e relazionali del bambino.
La sua formazione prevede una laurea triennale abilitante e un obbligo di formazione continua, che lo qualifica come esperto nella diagnosi funzionale e nella riabilitazione.
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Cos'hanno in comune psicomotricista e TNPEE?

​Entrambi i professionisti condividono una visione olistica del bambino, ponendo attenzione al corpo, alla dimensione affettiva e cognitiva, e rispettandone il modo di essere e di agire. La relazione, il gioco e il movimento sono strumenti centrali nel loro lavoro, che mira a favorire l'autonomia e il benessere globale del bambino.

Quali sono le differenze tra psicomotricista e neuropsicomotricista?

Le differenze tra psicomomotricista e TNPEE riguardano soprattutto le finalità del percorso, gli obiettivi e il loro percorso formativo. Vediamo nel dettaglio i ruoli di neuropsicomotricista e psicomotricista: chi sono e che cosa fanno?

Finalità del percorso

  • Psicomotricista: lo psicomotricista opera in un contesto prevalentemente educativo e preventivo. La sua finalità è favorire uno sviluppo armonico del bambino, lavorando sul gioco e sulla relazione per prevenire eventuali difficoltà. Questo approccio è particolarmente indicato per bambini che non presentano disturbi specifici ma che necessitano di un supporto per potenziare le proprie capacità.
  • Neuropsicomotricista (TNPEE): il TNPEE interviene anche in ambiti clinici, occupandosi della valutazione, abilitazione e riabilitazione delle difficoltà più strutturate. La finalità del suo percorso non è solo preventiva, ma anche terapeutica, volta a migliorare competenze specifiche e a colmare eventuali deficit. Preferire un TNPEE può essere la scelta giusta per bambini con difficoltà complesse o diagnosi specifiche che richiedono un approccio scientifico e personalizzato.

Obiettivi

  • Psicomotricista: l'obiettivo primario dello psicomotricista è sostenere lo sviluppo globale del bambino, promuovendo il benessere fisico ed emotivo attraverso il gioco e il movimento. La sua attenzione è rivolta al rafforzamento delle competenze sociali, affettive e motorie in un contesto ludico e relazionale.
  • Neuropsicomotricista (TNPEE): il TNPEE si pone come obiettivo sia il sostegno dello sviluppo che la riabilitazione delle aree deficitarie. Questo significa lavorare in modo specifico e mirato sulle difficoltà del bambino, attraverso protocolli terapeutici strutturati e basati sulle evidenze scientifiche. Per i bambini con bisogni complessi, un TNPEE è in grado di offrire un percorso terapeutico completo, capace di integrare gli aspetti clinici e riabilitativi con l'interazione ludica.

Formazione

  • Psicomotricista: la formazione dello psicomotricista può essere ottenuta attraverso diplomi privati o master post-laurea, offrendo una preparazione specifica per l'ambito educativo e preventivo. Tuttavia, non essendo una professione sanitaria regolamentata, il suo intervento ha limiti in termini di competenza clinica e terapeutica.
  • Neuropsicomotricista (TNPEE): il TNPEE è un professionista sanitario, con una laurea triennale abilitante e un obbligo di formazione continua per garantire il costante aggiornamento delle proprie competenze. Dal 2019, l'iscrizione all'Albo delle Professioni Sanitarie garantisce una regolamentazione rigorosa e una vigilanza costante sul suo operato. Preferire un TNPEE significa scegliere un professionista con un percorso di studi strutturato e un riconoscimento istituzionale, in grado di offrire garanzie di qualità e competenza.
Differenze tra psicomotricista e tnpee
Le differenze tra psicomotricista e neuropsicomotricista (TNPEE)

Perché scegliere un neuropsicomotricista (TNPEE)?

Il TNPEE è una professione sanitaria regolamentata, che dal 2019 prevede l'obbligo di iscrizione all'Albo delle Professioni Sanitarie. Questa iscrizione assicura che il professionista risponda a standard formativi e deontologici precisi, offrendo un servizio di alta qualità sia nella prevenzione che nella riabilitazione delle difficoltà evolutive. Scegliere un neuropsicomotricista significa garantire al proprio bambino un percorso terapeutico mirato, sicuro e basato sulle evidenze scientifiche.
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Il sostegno psicologico: un percorso di crescita personale

25/10/2024

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Il sostegno psicologico rappresenta un elemento fondamentale per il benessere individuale, offre un aiuto concreto nei momenti di difficoltà e nel superamento delle sfide quotidiane. Secondo la definizione fornita dal Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (CNOP):
​"il sostegno psicologico si realizza in tutti quei casi entro i quali si ritiene opportuno garantire continuità e contenimento ad una data condizione"
​Questo percorso si propone di lavorare sulle capacità di coping dell'individuo, aiutandolo a gestire e affrontare le proprie problematiche in modo efficace.

Cos'è il sostegno psicologico?

Il sostegno psicologico è un intervento orientato a fornire supporto emotivo e pratico a individui che si trovano a fronteggiare situazioni stressanti, traumatiche o di cambiamento.
​Si tratta un'affiancamento da parte di un professionista che guida la persona nella navigazione delle proprie emozioni e nell'acquisizione di strumenti utili per affrontare le difficoltà.

Differenza tra sostegno psicologico e psicoterapia

Mentre il sostegno psicologico si concentra su un aiuto immediato e pratico per affrontare difficoltà temporanee, la psicoterapia si impegna in un intervento più profondo e prolungato per trattare disturbi psicologici complessi e promuovere un cambiamento duraturo. Entrambe le forme di supporto sono utili, ma devono essere scelte in base alle specifiche esigenze dell'individuo.

Quali sono gli obiettivi del sostegno psicologico?

​L'obiettivo principale del sostegno psicologico è quello di garantire continuità e contenimento in momenti in cui il soggetto si sente vulnerabile o sopraffatto. Quando parliamo di "capacità di coping", ci riferiamo alla capacità dell'individuo di affrontare le avversità e trovare strategie per adattarsi a situazioni complesse.
Un intervento di sostegno psicologico è utile a:
  1. Fornire un ambiente sicuro dove l'individuo si sente ascoltato e compreso, senza giudizi.
  2. Lavorare insieme per identificare e sviluppare strategie pratiche e psicologiche per gestire lo stress e l'ansia.
  3. Promuovere la capacità di riprendersi di fronte alle difficoltà, aiutando l’individuo a riconoscere e valorizzare le proprie risorse interne.
  4. Guidare la persona durante fasi di transizione o cambiamento, come una separazione, la perdita di una persona cara o una crisi lavorativa.
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A chi è rivolto il sostegno psicologico?

Il sostegno psicologico è accessibile a tutti, non solo a coloro che si trovano in situazioni di crisi. Anche persone che stanno vivendo momenti di stress o incertezze quotidiane possono trovare giovamento da questo tipo di intervento. In particolare, il sostegno psicologico si rivela utile in situazioni come:
  • Periodi di lutto
  • Riconversioni professionali
  • Conseguenze di eventi traumatici
  • Difficoltà relazionali
Una possibile applicazione è il sostegno psicologico nella terza età.

Le modalità di intervento del sostegno psicologico

Le modalità di sostegno psicologico possono variare, includono diverse tecniche come ad esempio:
  • Tecniche di rilassamento
  • Mindfulness e meditazione
  • Esercizi di problem solving
  • Attività di journaling​

Perché cercare un sostegno psicologico?

Il sostegno psicologico rappresenta un'opportunità per sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e migliorare le proprie capacità di affrontare le sfide della vita. Non è solo un aiuto nei momenti difficili, ma anche un percorso di crescita personale che favorisce il benessere e la salute.
Investire nel proprio sostegno psicologico significa dare valore alla propria salute mentale, riconoscendo l'importanza di affrontare le difficoltà con strumenti adeguati e il supporto di un professionista.
Non esitare a cercare aiuto: il primo passo verso una vita più equilibrata e soddisfacente è spesso quello di chiedere supporto.
CHIEDI UN SUPPORTO ALLA NOSTRA PSICOLOGA
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I prerequisiti per la scuola primaria

27/9/2024

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Settembre è il mese dove tutto è ricominciato. E c’è chi inizia proprio una nuova avventura, chiamata scuola primaria, a cui partecipa l’intera famiglia. I genitori infatti spesso si chiedono se il proprio figlio sia effettivamente pronto ad affrontare questo grande passo: la scuola, apprendere le diverse materie, star seduto, ascoltare, intervenire, fare i compiti, relazionarsi in una nuova classe.
Per noi professioniste in studio, questo è un tema caldo, anzi caldissimo! Per cui oggi in questo articolo verrà trattato il tema dei prerequisiti alla scuola primaria.

Cosa sono e quali sono i prerequisiti per la scuola primaria?

I prerequisiti per la scuola primaria sono abilità innate che evolvono sin dai 5 anni di età, vengono potenziate durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia e anche durante la vita quotidiana in modo indiretto.
I principali prerequisiti sono:
  • le competenze metafonologiche
  • le abilità logico-matematiche
  • le abilità narrative
  • la discriminazione uditiva e visiva
  • le abilità attentive
  • le abilità mnestiche
  • le abilità grafo-motorie
Sono tutti utili e indispensabili per affrontare il nuovo percorso scolastico.
Nell’articolo verranno approfondite le capacità inerenti alla sfera linguistica, illustrando quindi le competenze metafonologiche ossia le abilità che servono poi per leggere e scrivere.

Cosa sono e quali sono le competenze metafonologiche?

I bambini, a partire dai 5 anni, quando padroneggiano il linguaggio orale nelle varie e diverse componenti (i fonemi, le frasi e il racconto), possono iniziare a fare ragionamenti sul linguaggio stesso promuovendo così il pensiero astratto. Ecco quindi che entra in campo la metafonologia: la capacità di riconoscere per via uditiva i fonemi (le lettere) che compongono le parole e saperli manipolare in modo autonomo al di là del significato della parola stessa.
Le abilità metafonologiche si dividono in due categorie: globale e analatica.
  • La metafonologia globale si basa sulla SILLABA: è la competenza richiesta ai 5 anni, prima quindi dell’ingresso alla scuola primaria.
  • Mentre la metafonologia analitica si basa sul FONEMA, cioè i suoni che compongono la parola: è quindi la competenza che si apprende durante la prima classe della scuola primaria. 

Quali sono le abilità metafonologiche globali?

È importante che i bambini arrivino alla scuola primaria con il loro bagaglio di competenze metafonologiche globali (riguardo la sillaba) altrimenti faranno fatica a sviluppare quelle complesse, ossia analitiche, e poi anche a leggere e scrivere più in generale.
Le competenze metafonologiche che riguardano la sillaba sono:
  • Divisione sillabica: CA-NE → CANE
  • Fusione sillabica: NASO → NA-SO
  • Identificazione di sillaba inziale e finale: BANANA → “BA”, MATITA → “TA”
  • Riconoscimento e produzione di rime: CAPPELLO-MARTELLO
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Come stimolare le abilità metafonologiche?

Esistono semplici giochi, che possono assomigliare a indovinelli, da fare assieme ai vostri bambini per stimolare queste capacità. Eccone alcuni!
  1. Quanti salti fa?  “Quanti salti fa la parola PANE?” à “2! PA-NE”
  2. La parola nascosta: “Io dico una parola e tu devi indovinare cosa dico: TA-VO-LO… cosa ho detto?”
  3. Qual è la parola più lunga?  “È più lunga la parola TRENO o SEMAFORO?”
  4. Arriva un treno carico di… PA: Trova tutte le parole che iniziano con il suono PA) “PALLA, PALO, PAVONE…”
  5. Gioco della catena: “Io dico una parola, tu devi capire qual è l’ultimo pezzo e dire una parola che inizia proprio così” → “PENNA – NAVE – VELA…”
  6. Trova la rima: si possono leggere filastrocche o poesie e provare a inventarle!

Difficoltà nelle abilità metafonologiche? Intervenire subito è meglio

Possono esserci difficoltà nei compiti sopra descritti, le cause possono essere molteplici e sicuramente i professionisti sapranno individuarle.
Potrebbero essere bambini di 6 anni che non hanno ancora sviluppato un adeguato linguaggio orale, con difficoltà di pronuncia ad esempio. Ancora potrebbero essere presenti difficoltà nell’espressione verbale più in generale: a raccontare un episodio o una semplice storia.
In questi casi è bene intervenire immediatamente affinché venga fatta una valutazione specifica del linguaggio, nelle sue componenti recettiva ed espressiva, per approfondire tale carenza.
Le competenze metafonologiche sono alla base del corretto sviluppo della letto-scrittura! Chiedi un consiglio alle nostre logopediste.
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Il mio koala: 6 incontri su massaggio infantile, svezzamento e sviluppo motorio dei neonati

7/9/2024

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A grande richiesta, torna quest'anno la seconda edizione del percorso dedicato a genitori e bambini, organizzato dallo Studio Paroliamo in collaborazione con Elisa Callegaro, insegnante di Massaggio Infantile AIMI. Il programma prevede sei incontri a Monselice, pensati per offrire occasioni di riflessione, sostegno, condivisione e attenzione, sia per le mamme che per i papà, insieme ai loro bambini.
I temi principali degli incontri saranno il massaggio infantile, la pappa e lo svezzamento, lo sviluppo motorio nel primo anno di vita.
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5 incontri sul massaggio infantile A.I.M.I.

Con Elisa Callegaro
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Sabato 21 e 28 settembre 2024
Sabato 5, 12 e 19 ottobre 2024


Dalle 10.00 alle 11.30
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Il massaggio infantile è una pratica che favorisce il legame tra genitori e bambini attraverso il contatto fisico delicato e consapevole. Aiuta a rilassare il bambino, a migliorare il suo benessere fisico ed emotivo, e a rafforzare la comunicazione non verbale. È spesso utilizzato per alleviare coliche, migliorare il sonno e promuovere uno sviluppo armonioso.
PRENOTA ORA

1 incontro sui temi svezzamento e sviluppo motorio

Sabato 26 ottobre 2024
dalle 10.00 alle 11.30


Con Dott. Carolina Rossi
Logopedista

e Dott. Luisa Ferrato
Neuropsicomotricista

Con la partecipazione di
Dott. Caterina Scarparo
Odontoiatra Pediatrica
Prenota ora

Info e contatti

Gli incontri si svolgeranno presso:
STUDIO PAROLIAMO
Via Fratelli Cervi, 25
Monselice (PD)

CONTATTI
Tel: 
340.2539556
Mail: [email protected]
FB: ec.ioeilmiokoala
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